La vera malattia è la vostra omofobia

«Difendere la famiglia per difendere la comunità», questo il titolo altisonante e allarmista (ma poi difenderla da chi?! Da cosa?! Da noi gay?!) del convegno dal chiaro stampo omofobo organizzato dalla Regione Lombardia con Alleanza Cattolica, Fondazione Tempi, Obiettivo Chaire (che, tra le altre cose, sostiene le famigerate, pericolose e antiscientifiche terapie riparative dell'omosessualità, nuovamente condannate in questi giorni dall'Ordine degli Psicologi) e Nonni 2.0 (ignoro chi siano ma onestamente questi Nonni 2.0 non mi sembrano così moderni e aggiornati...), che si è svolto sabato 17 gennaio 2015 presso la sala dedicata a Giovanni Testori, intellettuale omosessuale (una scelta fatta per pura provocazione, sfregio alla sua memoria o semplice ignoranza?). Tra i relatori erano presenti noti professionisti dell'omofobia come Mario Adinolfi e Costanza Miriano. Ad indignare e a suscitare le polemiche nelle settimane precedenti al convegno omofobo, oltre al tema in sé e al sostegno di un'istituzione come la Regione che dovrebbe tutelare tutti i suoi cittadini, LGBT compresi, c'è stata la scelta di apporre sulle locandine e materiali il logo di Expo 2015, una scelta fortemente contestata da più parti, compreso Vicente Gonzalez Loscertales, segretario generale del Bie (Bureau International des Expositions), che intervistato dal quotidiano Repubblica ha detto che “l’opposizione del Bie è frontale. Utilizzare in modo abusivo a fine politico il logo non è accettabile ed è in contraddizione con i valori di Expo e del Bie”. Nemmeno queste netta presa di posizione ha fermato Maroni e il logo è rimasto esattamente lì dove era stato abusivamente messo.
I sentinelli di Milano, «nati tra il serio e il faceto, sbocciati una calda domenica d'ottobre milanese, tratto distintivo: amanti persi della laicità dello Stato» come si descrivono sulla loro pagina Facebook, hanno prontamente organizzato un presidio che si è svolto sempre sabato 17 gennaio 2015 in Piazza Luigi Einaudi, a partire dalle 14. L'atmosfera che si respirava appena arrivati al presidio era quella di una grande, gioiosa e colorata festa in cui celebrare le nostre unioni, vite e affetti, per ribadire ancora una volta un concetto che dovrebbe ormai essere chiaro ed evidente a tutti ovvero che l'omosessualità non è una malattia (non lo diciamo solo noi ma la ben più autorevole Organizzazione Mondiale della Sanità) e che l'unica malattia è l'omofobia! Erano presenti tantissime persone con cartelli, striscioni, bandiere dell'associazionismo LGBTQI, partiti politici e sindacati. Sul palco si sono alternate storie, testimonianze, musica, canzoni, ricorrendo sempre all'arma migliore, ovvero l'ironia, lo sberleffo verso le istituzioni e una classe politica troppo succubi e conniventi con le gerarchie ecclesiastiche e la parte più integralista, reazionaria del mondo cattolico, che vuole imporre a tutti i cittadini e le cittadine con arroganza, prepotenza e toni offensivi una visione, un pensiero sulla famiglia unico, arcaico, distante anni luce dalla realtà, superato dalla Storia e dai fatti, ma soprattutto che vuole contrapporre un modello di famiglia alle altre forme di famiglia, negando a queste ultime i più basilari diritti. Ad alimentare le speranze verso un cambiamento (pro)positivo, anche culturale, nel nostro Paese era la presenza al presidio di diverse famiglie che Maroni e i suoi amici definirebbero “naturali”, ovvero formate da un padre, una madre e figli, a riprova del fatto che esistono tante famiglie che non solo non si sentono affatto minacciate dalle persone e dalle famiglie LBGT ma che sono anche al nostro fianco per cercare di rendere tutti insieme, etero, lesbiche, gay, bisessuali, transgender/transessuali, queer e intersessuali, l'Italia un Paese più accogliente, inclusivo e giusto per tutti.
Mentre all'interno del Palazzo della Regione, circondato da un numero impressionante e spropositato di forze dell'ordine (ancora una volta, ma per difendersi da chi?! Da cosa?! Da noi gay?!) andava in scena il solito teatrino del pregiudizio, dell'intolleranza, della disinformazione e dell'istigazione all'odio (i video dello studente allontanato malamente dalla sala tra i fischi e gli insulti “vai a cagare!”, “culattone!” perché unica voce fuori dal coro e quello con i partecipanti al convegno che gridano “malati, fatevi curare!” a un drappello di contestatori mettono i brividi), noi là fuori intonavamo un semplice ma efficace ritornello “non è una malattia, non è una malattia, la vera malattia è la vostra omofobia!”. Con la speranza che un giorno, presto, il più presto possibile, la battaglia per l'uguaglianza sia vinta anche nel nostro Paese, certi che quel giorno sarà un giorno di festa in cui ricorderemo chi si è battuto al nostro fianco in nome dell'amore e chi invece al nostro amore si è opposto cocciutamente, ostinatamente, utilizzando tesi assurde e offensive.

Nelle ultime ore si è appreso che tra i partecipanti al convegno omofobo, seduto proprio dietro a Maroni e a Formigoni, c'era don Mauro Inzoli, soprannominato "don Mercedes" per via dell'auto con cui girava fino a poco tempo fa, accusato di pedofilia e obbligato per questo motivo dal Vaticano a ritirarsi a vita privata. Bel modo di difendere la famiglia, la comunità e i diritti dei minori! Complimenti!

 

sentinelli milano

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